Grazie a un test rapido sulla saliva si possono individuare i portatori del virus
e indirizzarli alla conferma diagnostica e alle cure (che purtroppo a tutt’oggi non
sono per tutti). Si stima che in Italia siano più di trecentomila le persone infette

di Adriana Bazzi (abazzi@corriere.it)

articolo tratto da: www.corriere.it

 
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Si può appartenere a un ceto sociale medio e avere un’istruzione medio alta, ma sapere ben poco di epatite C, una malattia che può portare a cirrosi e, nei casi più gravi, a carcinoma del fegato. E i meno informati sono i più giovani. È questo un primo dato che emerge da uno studio pilota dell’Ospedale San Raffaele di Milano, il primo in Italia a essere condotto in una Dental Clinic, un ambulatorio odontoiatrico: l’obiettivo era quello di individuare persone portatrici del virus C dell’epatite grazie a un test rapido sulla saliva. «Nei mesi scorsi – spiega Elisabetta Polizzi, coordinatore del Centro di Igiene orale e prevenzione e del Corso di laurea in Igiene dentale all’Università Vita Salute del San Raffaele – abbiamo proposto a 2.650 pazienti, che si sono rivolti a noi per interventi di igiene dentale, un test rapido sulla saliva, capace di identificare la presenza di virus C, dopo aver fornito loro informazioni sull’infezione e sulle sue conseguenze. Più di duemila hanno accettato».

Test salivare

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Risultato, in 22 persone il test salivare si è rivelato positivo: 21 erano già consapevoli di essere portatrici del virus, mentre una donna ha scoperto per la prima volta l’infezione (una cinquantenne, appunto di ceto sociale medio-alto, che è stata poi indirizzata, secondo un “fast track”, un percorso veloce, ad altre indagini di laboratorio che hanno confermato la diagnosi). «È vero, molti soggetti già sapevano di essere infetti e il test ha scoperto solo un nuovo caso – continua Polizzi -, ma questo ci ha permesso intanto di dimostrare che l’indagine è affidabile, cioè è in grado di intercettare con precisione chi è positivo e che può essere utile per scoprire il “sommerso” (appunto quei pazienti che non sanno di essere infetti, ndr). E a costi irrisori».

 

Farmaci anti epatite

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Oggi esistono cure in grado di guarire l’infezione da epatite C, nei suoi vari stadi, ma per ora sono accessibili soltanto a pazienti con malattia avanzata (fibrosi e cirrosi). L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha stabilito di curare una prima tranche di pazienti (50mila con forme gravi di malattia: al momento non sono stati tutti curati). Rimane da decidere che cosa succederà nei prossimi tempi per quei pazienti meno gravi (stimati attorno ai 300mila) e che per ora non hanno accesso alle cure. Il progetto del San Raffaele rientra in una campagna di prevenzione e di sensibilizzazione della popolazione sui rischi di contrarre non solo l’epatite C, ma anche il virus Hiv dell’Aids, che è stata promossa da Anlaids (Associazione Nazionale per la lotta contro l’Aids), Regione Lombardia, Comune di Milano, Associazione EpaC dei pazienti con epatite, con il supporto dell’azienda Abbvie.

Piercing e tatuaggi

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«Spesso le persone non sanno come si trasmette il virus C – continua Polizzi -. E se fino ad alcuni anni fa la via di contagio principale era quella delle trasfusioni (e dell’uso di aghi per iniezione non ben sterilizzati, ndr) , ora sotto controllo, attualmente i rischi di trasmissione sono legati soprattutto alle pratiche del piercing, dei tatuaggi e a interventi estetici eseguiti in ambienti non controllati.

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Ecco perché preoccupa che i giovani, che spesso ricorrono a queste pratiche, siano poco consapevoli dei rischi che corrono». Il programma di screening e prevenzione chiamato “Easy Test Program”, che ha avuto la supervisione di Enrico Gherlone, odontostomatologo, e di Adriano Lazzarin, infettivologo, entrambi docenti all’Università Vita Salute del San Raffaele, è stato condotto, per la sua fase pilota, nel reparto solventi.

LEA e odontoiatria

«Dal 6 luglio – conclude Polizzi – estendiamo questo progetto anche agli ambulatori dove sono in vigore i LEA (livelli minimi di assistenza gratuiti) previsti dal Servizio sanitario nazionale per le cure odontoiatriche. Ci aspettiamo di confrontarci con una popolazione diversa da quella dei solventi, con componenti di differente estrazione socio-economica e culturale. Vedremo, nei prossimi tempi, i risultati».